L’ipocrisia di una retorica giovanilista e gerontocratica

25 Giugno 2021 Silvio Rossi
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La Croce Quotidiano, Silvio Rossi

“Il futuro è dei giovani”. A chiacchiere.
I giovani sono abbandonati da una società che li sfrutta, ma non trovano quasi mai adulti di riferimento seri che li amano davvero.
Si ricordano dei giovani quando vogliono proporre iniziative bislacche solo per ottenere i favori, tipo abbassare l’età del voto. Si ricordano dei giovani quando devono sfruttarli sessualmente, come nel caso delle baby escort a Parioli o della recente inchiesta (molto silenziata) del giro di Palermo, dove ragazzine venivano fatte prostituire con gente potente e facoltosa.
Si ricordano dei giovani per violentarli ideologicamente demolendo la loro natura, facendogli credere che possono diventare quello che gli va di essere.
Si ricordano di loro gli spacciatori, per renderli schiavi di sostanze che li rovineranno per tutta la vita.
Si ricordano di loro per dargli l’umiliante elemosina di Stato, incentivando la pigrizia e impedendogli di accedere ad un lavoro dignitoso che realizzi davvero le loro potenzialità.
Ma non si ricordano di loro per garantirgli un papà e una mamma, per mettere le famiglie in condizione di esercitare il loro ruolo, per promuovere la loro autonomia.
Non si ricordano di loro quando bisogna investire sulla scuola, quando occorre vigilare sulle minacce che li circondano, quando si deve offrire un sistema di valori forte, quando bisogna dargli il senso della vita.
No, la cultura della morte ha soffocato il senso della vita, la bellezza dell’esistere, l’entusiasmo del progetto. Si è nutrita di feti abortiti e di malati abbattuti in nome della libertà. Ma la libertà di dare la morte per egoismo è solo schiavitù del nulla, dell’incapacità di trovare risposte. È il fallimento della
pretesa umana di essere arbitro del mondo, così si è caduti nell’arbitrio e nella dittatura dell’individualismo.
La cultura della morte ha messo le sue zampacce su tutto ciò che è bello e vero, ha dichiarato bello lo storpiare la natura e vero il capriccio, ha oltrepassato il limite del possibile mangiando il frutto dell’albero proibito, e ha ucciso i suoi figli. La cultura della morte ha creato Bibbiano, e ancor prima il Forteto e l’inchiesta sui diavoli della Bassa. Tutti luoghi in cui un certo pensiero di sinistra si è alleato con un certo pensiero anti-familiare e il rapimento e lo sfruttamento di bambini offerti in regalo a coppie gay è diventato l’inferno in terra.
E ora ci stupiamo che i giovani siano depressi, che la mattina non si alzino dal letto, che vengano attirati da siti dove forniscono suggerimenti per suicidarsi?
Che si ammazzino di canne o di videogiochi?
La cosa più oltraggiosa è che tutto avviene nel silenzio. I vecchi arricchiti sulle macerie del ’68 e delle proteste degli anni ’70 si svegliano dal loro letargo solo quando possono utilizzare un cadavere di giornata per trovare la scusa per pontificare contro il razzismo (ma quale, quello contro le loro badanti e colf straniere?) oppure contro l’inventata omofobia (che non esiste, i numeri dell’Istat sono chiari).
Ma se il giovane non è nero o omosessuale non si può utilizzare, quindi può pure crepare nell’indifferenza dei media e dei politici.
La cultura della morte ha ucciso pure i neuroni degli adulti, che non si rendono conto che ignorare l’epidemia di suicidi e depressione giovanile significa segare il ramo su cui sono loro stessi seduti. Il futuro è oscuro se non si farà qualcosa di serio per dare padri, madri, famiglie naturali a questi ragazzi soli e spaventati.

Fonte: La Croce Quotidiano