Al paese serve la nostra lucida e visionaria follia, la nostra forza gentile

13 Settembre 2020 Mirko de Carli
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Il Popolo della Famiglia, Mirko de Carli

Chi segue o partecipa da anni allo sterminato cammino del #GiroXitalia ormai avrà sicuramente fatto sua una delle citazioni che ripeto con cadenza regolare: “Le idee migliori non vengono dalla ragione, ma da una lucida, visionaria follia”. A dirlo fu Erasmo da Rotterdam e ad incarnarne il senso più profondo nello scenario politico nazionale è il Popolo della Famiglia. Siamo stati, siamo oggi e saremo domani questa straordinaria “contraddizione” perché siamo una pianta piccola, fragile e forse anonima agli occhi del passante distratto ma destiamo attenzione verso chi cerca un “sempreverde” ovvero il fascino tutt’altro che banale di chi non lascia cadere le proprie foglie durante la stagione avversa, ovvero l’inverno perché ha le proprie radici che tendono verso l’alto. Ebbene questo pensiero trova sostanza in una domenica settembrina dove riapriamo i lavori congressuali dopo aver ascoltato le parole di un maestro e di un amico come Roberto Formigoni: vederlo intervenire al nostro primo Congresso è il segno della consistenza della nostra lucida e visionaria follia. Roberto non è semplicemente uno dei più grandi leader cattolici della storia repubblicana, oltre che il miglior governatore che il paese abbia avuto ma rappresenta la perfetta giuntura tra generazioni di uomini e donne di “buona fede” che, ieri come oggi, cercano di “incidere nella realtà” non con il fascino delle belle parole ma con la tenacia irriducibile delle ostinate azioni: se in Italia possiamo dire che il pensiero prodotto dell’umanesimo cristiano non è solo il ricordo nostalgico dei padri fondatori della nostra democrazia ma un esempio ambizioso di buon governo che diventa modello anche per l’Europa lo dobbiamo principalmente a quel “modello Lombardia” pensato e realizzato da un’eccellente classe dirigente capitanata con roboante audacia dal Celeste. Anche questo lo dico da anni correndo su e giù per la penisola issando la nostra bellissima bandiera: siamo davvero gli eredi di quella straordinaria esperienza che fu il Movimento popolare pensato da Don Luigi Giussani che diede nuova vita negli anni ottanta alla Democrazia Cristiana e diede “statura di governo” alla stagione berlusconiana. Non è un caso che Gad Lerner ebbe a dire che non bastava “eliminare” politicamente Berlusconi ma occorreva “togliere di mezzo” anche Formigoni. Perché? Perché nella Lombardia dei suoi 17 anni di governo ha preso forma concreta quella visione di società che potremmo riassumere nelle parole che Roberto usò nelle settimane più difficili della drammatica vicenda di Eluana Englaro: “… non possiamo mandare con leggerezza alla morte una persona che è tenuta in vita non attraverso cure intrusive ma semplicmente dandole da bere e da mangiare … il problema è che c’è una vita che è in grado di andare avanti a vivere, una ragazza che vive seppure in condizioni molto difficili, c’è chi vuole continuare ad assisterla, a coltivare le speranze, pur poche che esistono, per una sua ripresa e c’è invece una sentenza tribunalizia che dice “mandatela a morte”. Parole che sembrano essere un perfetto preambolo al nostro “grido dei penultimi” su cui poggiano le ragioni più profonde del nostro cammino di ieri, oggi e domani.

Quella stagione politica, che vedeva un Berlusconi distante dai selfie con Vladimir Luxuria ma sinceramente preoccupato dalla deriva di uno Stato che apriva le porte alla deriva eutanasica e lo testimoniava affermando che “non si voleva sentire responsabile di un’omissione di soccorso per una persona in pericolo di vita” è stata “spazzata via” in pochi anni da un frullato terrificante caratterizzato dalla peggior anti politica e da quella perversa ideologia nichilista che vuole trasformare le persone in cose e i desideri in diritti. Il Popolo della Famiglia, dopo lo straordinario cammino degli anni di mobilitazione che portarono ai due Family Day, rappresenta la “lucida e visionaria follia” di Mario Adinolfi e di un manipolo di audaci che dal 2013 camminano con lui che ambisce a raccogliere quella straordinaria eredità per renderla terreno fertile oggi dove costruire un’Italia e un’Europa che tuteli e promuovi la persona dal grembo materno alla morte naturale e che lo fa trovando linfa vitale nell’interlocuzione intelligente e laica con una
Chiesa che è sempre più uno straordinario “cantiere aperto” dentro un mondo in continuo cambiamento senza aver paura di “immischiare” la fede con la realtà per tentare di rendere il fatto cristiano “incidente” anche nel terzo millenio rappresenta una sfida, agli occhi del mondo e non ai nostri, quasi impossibile. In questo, l’interlocuzione con il Card. Matteo Maria Zuppi, a cui mi lega una profonda amicizia personale, è segno evidente del nostro essere “servitori dello Stato e servi di Dio”, per dirla alla De Gasperi.

I prossimi quattro anni saranno gli anni più impegnativi perché saranno quelli in cui saremo chiamati a passare dall’intuizione all’azione che si fa “esperienza di governo”. E arriviamo ora al dunque: cosa serve per “andare al governo del paese”? Serve creare le condizioni perché in ogni lembo del paese ci siano eletti del Popolo della Famiglia capaci di generare consenso partendo da programmi chiari e praticabili che vedano nelle nostre parole d’ordine (più figli meno tasse, uno stipendio per le mamme, la domenica in famiglia solo per citarne alcuni) la propria consistenza più profonda pronti a portare il nostro simbolo a percentuali elettorali sempre crescenti come fu l’audace esperienza di Riolo Terme che mi vede capogruppo in consiglio comunale con il sostegno del 14.32% dei cittadini riolesi, serve formare una classe dirigente preparata sul campo e formata nella palestra dell’Università della politica del nostro Presidente capace di “mettere in difficoltà” il pensiero unico con la forza di atti concreti e amministrativamente praticabili e non in slogan da parrocchia noiosi e banali, serve una comunicazione univoca e fantasiosa, di rottura e non bacchettona, capace di attrarre i lontani e non di rassicurare i vicini e “last but not least” serve un’irridicibile visione strategica che ci porti nei territori e a livello nazionale a costruire alleanze dove la presenza del Popolo della Famiglia non sia una “gentile concessione del centrodestra” o una delle cosiddette “liste minori” ma la nuova e rivoluzionaria (per citare le intelligenti parole dell’amico Piero Chiappano) comunità politica di quel popolo che non si sente di sinistra ma non vuole consegnarsi alla destra di piazza e che fa proprio un modo d’essere che è decisivo per chi crede che la forma è sostanza in politica (come amava ripetere Aldo Moro): una #ForzaGentile. Sì una forza gentile, un movimento garbato nei modi e rock and roll nei contenuti, conservatore (per valori di riferimento) nei programmi e “innovatore” nelle scelte di governo.

C’è un popolo ferito, disilluso e arrabbiato che da troppo tempo ha reciso la parola speranza dal proprio vocabolario: andiamolo ad incontrare, ad abbracciare, ad ascoltare portando prima delle nostre idee le nostre povere persone che sono la miglior testimonianza di quello che serbiamo nella nostra mente e nel nostro cuore perché, non scordiamoci mai, le idee camminano sulle gambe degli uomini e la democrazia, per esistere e durare, ha bisogno di essere “incarnata”.

Quanto a me? Due battute veloci perché di me mi sono sempre occupato e preoccupato ben poco, pagando spesso prezzi molto alti ma ricco di letizia nell’”inghiottirli” per una causa che sin dalle prime ore ha riempito la mia vita di una bellezza di senso (e fede, concedetemelo) unica e straordinaria. La dico così, con le parole di un amico come Formigoni: “sono a volte caduto e cado in qualche eccesso di narcisismo o personalismo? È così, e allora? C’entra qualcosa il mio personale modo di atteggiarmi, i miei limiti personali, i miei gusti o non gusti, con la valutazione di un buon o cattivo amministratore? Che cosa si deve giudicare: le mie camice o i miei atti di governo? Le mie giacche o le mie leggi?”.

Detto questo se sono qui, ancora qui, è principalmente per coltivare e dare sostanza a quella visione con cui ho aperto il mio intervento e che trova tutta la sua consistenza nel pensiero e nelle azioni di un amico e maestro come Mario Adinolfi: finché avrà voglia di “scardinare” i poteri forti con la sua straordinaria “intelligenza innamorata” io continuerò a girare l’Italia nutrendomi del suo andare “in direzione ostinata e contraria”. Le coccarde, i ruoli, i riconoscimenti sono cose per chi colleziona le coppe e le medaglie nelle proprie bacheche: l’unica cosa che da la forza per continuare a essere #sempreinlotta è il vostro sostegno quotidiano, la vostra stima, il vostro affetto, le vostre premure, il vostro “essere con noi” sempre e comunque. Allora, cari dententori di questo straordinario “resto di popolo” che è il Popolo della Famiglia, fatevene una ragione: a questi pensatori con la penna maligna pronti a trattarci con la stessa “cattiveria” delle parole che ho ricordato prima usava Gad Lerner citando Berlusconi e Formigoni rispondiamo con la testardaggine e tenacia di un indimenticabile sacerdote romagnolo quale Don Francesco Fuschini: ci spezziamo ma non ci pieghiamo.

Buon cammino ragazzi