Stanno uccidendo gli istituti cattolici

30 Aprile 2020 Danilo Bassan
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Danilo Bassan, Il Popolo della Famiglia

Per la riapertura delle scuole il problema principale non è solo quando si riaprirà, ma anche il come si riaprirà e quali scuole potranno riaprire. Infatti, è cruciale la situazione delle scuole paritarie, per le quali da tempo come Popolo della Famiglia, ci stiamo battendo affinché venga riconosciuto il diritto delle famiglie alla scelta della scuola, statale o paritaria, per l’istruzione dei figli, attraverso l’introduzione di un reale buono scuola con l’applicazione del costo standard ossia all’ammontare minimo di risorse da riconoscere a ciascuna scuola pubblica – statale e paritaria – sulla base di parametri certi. Solo in questo modo si rispetterebbe il dettato costituzionale del diritto all’istruzione e del diritto alla libertà di scelta educativa. In questo modo, le risorse disponibili per il sistema di istruzione e formazione dovrebbero essere destinate alle famiglie, per finanziare l’istituzione scolastica pubblica, statale o paritaria, prescelta per i loro figli. Molti istituti paritari stanno lanciando da giorni un grido disperato di allarme annunciando che senza l’intervento dello Stato oltre il 30% delle scuole pubbliche paritarie è destinato a chiudere entro settembre, con alcune realtà che dichiareranno bancarotta entro pochi mesi. La chiusura degli istituti paritari infatti, la cui sopravvivenza è da sempre legata al pagamento delle rette da parte delle famiglie, evidenzia ancor di più le lacune lamentate da anni da parte dei gestori degli istituti paritari per quanto riguarda il sostegno pubblico economico reale alle loro scuole che, già da anni in difficoltà economiche, rischiano di subire il colpo mortale dall’emergenza coronavirus. In particolare, le scuole paritarie necessitano non solo di un sostegno “straordinario” da parte dello stato, perché offrono un servizio che conta in Italia quasi 900.000 studenti, 180.000 tra docenti e operatori scolastici, 12.000 sedi scolastiche in tutto il territorio nazionale. Occorre ricordare a chi ancora è offuscato da ideologie, che la scuola pubblica paritaria non è una scuola per ricchi, scuola di borghesi o di élite, ma è fatta da famiglie che faticano a pagare la retta mensile; è una offerta scolastica che spesso risponde a carenze nel territorio del sistema pubblico statale offrendo aiuto a situazioni di disagio rispetto al diritto all’istruzione, e la riduzione dell’offerta scolastica paritaria sul territorio a causa della crisi coronavirus rappresenterebbe un impoverimento culturale del Paese oltre ad aggravare ulteriormente la spesa per le casse dello stato per lo spostamento di numerosi alunni e studenti verso la scuola pubblica statale. Proprio per questo molti istituti paritari si sono offerti di offrire parte dei loro spazi per garantire in tutte le scuole il giusto distanziamento sociale in cambio di un contributo straordinario da parte dello Stato. Per questo appoggiamo la richiesta espressa dalle scuole pubbliche paritarie al Governo di garantire la detraibilità del 100% delle rette sostenute dalle famiglie. Come e quando ripartire con la scuola e l’università è un problema reale per moltissime famiglie direttamente e indirettamente coinvolte, ma non sembra esserci visione a lungo raggio necessaria e soprattutto, come per altre decisioni del Governo, mancano decisioni politiche che non creino confusione. È semplicistico affermare che per preparare la riapertura a settembre del prossimo anno scolastico e accademico, bisogna pensarci adesso perché poi sarà troppo tardi? Usciamo dall’attuale ottica e prospettiva di gestione dell’emergenza e parliamo seriamente della fase 2 o fase 3, sfrondandola dalle uniche ragioni della sanità e quelle della economia produttiva, inserendo invece un discorso politico che, sapendo che ci aspetta una lunga fase di convivenza con il virus, arrivi a delineare un orizzonte plausibile e raggiungibile. Rispetto ad altri Paesi in Italia è stata decisa la chiusura dell’anno
scolastico e mancano 5 mesi all’inizio del prossimo anno quindi chiediamo che il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina inizi a pensarlo e organizzarlo ottenendo i finanziamenti necessari in tempo. Questo tempo di didattica a distanza ha messo ancora più in evidenza alcuni aspetti che dividono l’Italia: l’enorme disuguaglianza infrastrutturale sul territorio con scarsa diffusione della banda larga e digital divide che ancora permane in vaste aree d’Italia; la carente formazione dei docenti sul piano informatico; la disponibilità di computer per le famiglie La didattica a distanza è un’opportunità per moltissimi cittadini, ma inevitabilmente aumenta le difficoltà di chi non è raggiunto dalla connessione veloce oppure è ancora senza computer. Servono subito investimenti sia per le famiglie che per la formazione degli insegnanti, ma soprattutto sgombrare il campo dalla tentazione di chi pensa che la didattica a distanza possa sostituire la didattica frontale. Sarebbe la più grave delle ingiustizie nei confronti di chi parte svantaggiato in termini tecnologici e di connessione. Non si può pensare di riaprire le aziende e le attività senza comprendere le difficoltà cui andranno incontro le famiglie con figli che frequentano la scuola. È necessario che il Governo si assuma politicamente la responsabilità di una scelta e non la rimandi ad un poi non meglio precisato. Altri Paesi si stanno già pensando a una divisione delle classi per ore, ad ingressi e uscita degli alunni in orari differenziati, e forse servirà una riapertura graduale e differenziata per regione perché è difficile pensare di riaprire nella stessa data tutte le scuole d’Italia, pensando anche ad una chiusura nel caso in cui i contagi scolastici dovessero riprendere. Come si è fatto per medici ed infermieri nella sanità, servirà aumentare il numero degli insegnati e per il distanziamento diminuire il rapporto tra numero alunni e dimensione delle aule. Tralascio il discorso del problema che riguarda le prove di esame (maturità)a distanza, anche se le decisioni prese fino ad ora sembrano garantire un’adeguata valutazione delle prove. La questione centrale resta nella parità scolastica e nella pari dignità tra le istituzioni scolastiche statali e quelle paritarie che, con la riforma approvata oltre 20 anni fa, stabilì che il sistema nazionale di istruzione è composto da scuole pubbliche, statali e paritarie a garanzia del pluralismo formativo e della libertà di scelta educativa sanciti dalla Costituzione. Mi permetto un pensiero finale al Ministro Azzolina: si ricordi bene che per merito delle scuole paritarie, lo Stato risparmia oltre sei miliardi di euro all’anno, e pensare al loro futuro significa avere a cuore il futuro dell’Italia, offrendo ai nostri figli una possibilità di libera scelta educativa.