Guido Pianeselli: Prospettive per il Popolo della Famiglia: come procedere col radicamento

18 Luglio 2019 Guido Pianeselli
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Guido Pianeselli, Il Popolo della Famiglia

Premetto che con il presente documento è mia intenzione intervenire, a seguito delle elezioni europee, sulla riflessione in atto nel nostro movimento che, attraverso contributi qualificati, intende analizzare i fatti avvenuti e portare proposte sugli sviluppi futuri.

Le mie valutazioni le ho esposte in una sintetica relazione, che qui riprendo in modo più articolato, durante il coordinamento del Lazio avvenuto in Roma in data 14 giugno 2019, non essendo stato possibile in quella sede, a motivo dei numerosi interventi, offrire in modo esaustivo ciò che ritengo utile esaminare e prospettare per il Popolo della Famiglia.

Il mio punto di vista, che si giova di una visione centrale privilegiata temporalmente completa partendo dalle origini del movimento ad oggi, si compie anche con una analisi operativa effettuata nel Lazio, sia durante la fase di raccolta firme che successivamente durante la campagna elettorale.

Non posso iniziare senza prima ricordare l’impegno, la generosità, il sacrificio, la convinzione, la perseveranza, il disinteresse personale che ha animato quelli che chiamo “fratelli”, in un percorso condiviso e che spiegano la prima ragione del perdurare della persistenza in vita del nostro movimento.

Ogni analisi, a mio avviso, deve partire da questo e da un altro dato fondamentale: il percorso intrapreso richiede una confidenza e speranza nella provvidenza; persone che non possiedono una fede illuminata difficilmente riescono a perseverare, abbandonando dopo aspettative non raggiunte. Non escludo a priori nessuno, ma coloro che rimangono me ne mostrano la ragione: confidare nell’uomo porta prima o poi inevitabilmente a delusioni.

Ne abbiamo visti e ne vedremo ancora uscire, anzi ritengo tale selezione utile a rivelare chi comunque mira ad avere un ritorno personale dall’impegno profuso.

Noi siamo solo strumenti, come tali dobbiamo essere utilizzati ed impegnarci in modo umile secondo i talenti posseduti chiarendo bene che in una battaglia contro forze preponderanti, non è il successo che ti devi aspettare oggi ma devi essere pronto a resistere rendendo testimonianza.

Nella analisi che consegue le elezioni europee si è partiti nel nostro movimento dalla indicazione di Mario Adinolfi “Popolo della Famiglia, il #documento per i prossimi passi” da aggiornare, giustamente come da lui sostenuto, con l’occhio rivolto al divenire della situazione politica.

Contestualmente ci sono stati interventi sulla Croce di Mirko De Carli, Piero Chiappano, Silvio Rossi e Gabriele Marconi.

Chiedo scusa se me ne sono sfuggiti altri.

Invito tutti coloro che sono interessati alle tematiche strategiche ed organizzative a prenderne visione affinché si possa poi costruire un confronto sano in assemblea e negli incontri che terremo in comune.

Si parte dall’ottimo lavoro fatto da Gabriele Marconi sui dati di incidenza degli elettori di centro, e della relativa presenza, in questo settore dell’arco politico, di una percentuale di astensionisti, da intercettare secondo le linee strategiche prospettate da Mario con una “coalizione” cattolica a cui il PdF si renda disponibile a partecipare. La consultazione estiva prospettata da Piero dovrebbe contenere anche gli elementi poco sopra da me indicati come dati fondamentali per capire genesi durata e prospettiva del movimento.

Le altre utilissime indicazioni formulate da Piero Chiappano saranno di seguito oggetto di diversa valutazione e coniugate con il cristianesimo radicale introdotto da un lucidissimo Silvio Rossi.

In particolare concordo pienamente con le analisi di quest’ultimo che ci rende ragione del perché il nostro lavoro di bene è molto più difficile di quello avaloriale sempre svolto dai radicali.

Ribadisco che la sopravvivenza del movimento, almeno in questa fase iniziale, vada coniugata con le parole presenza e testimonianza per cui, a mio avviso, nella azione di cristianesimo radicale prospettata da Silvio stesso, valuto l’obiettivo consenso parzialmente slegato dalla quantificazione di voti ricevuti.

Ritengo ad esempio senz’altro più importante esserci impegnati nel superamento delle 50.000 firme per i RdM, sacrificando in parte la campagna elettorale delle europee, rispetto alla possibilità di migliorare di qualche decimale il risultato raggiunto alle recentissime elezioni.

Con riferimento alle linee guida per una riorganizzazione, alle tre indicate da Piero, Strategia, Organizzazione e Comunicazione aggiungo anche la Formazione.

In merito alla Strategia da attuare, come è noto, Mario Adinolfi ha dichiarato la propria disponibilità a farsi da parte se la sua presenza dovesse essere considerata un ostacolo ad una aggregazione cattolica di centro di cui il PdF sarebbe chiamato a far parte.

Contestualmente a questa ipotesi, tutta da verificare, ritengo che come movimento dobbiamo comunque continuare ad esistere; la nostra adesione potrà essere a mio avviso solo di tipo associativo condizionato ad un programma, mai unitivo, per non perdere le caratteristiche che ci sono proprie e che rivendichiamo come prioritarie.

Il PdF, associato o meno, dovrà cmq essere sempre governato dal nostro attuale Presidente e da Nicola Di Matteo.

L’obiettivo immediato che ci si pone, in attesa di altri sviluppi, è il radicamento territoriale di seguito affrontato nell’ambito delle proposte organizzative e formative che ad oggi, visto l’impegno profuso per RdM ed elezioni, non è stato affrontato con le dovute modalità e necessità specifiche di attuazione.

Per la realizzazione di una Organizzazione strutturata o meglio definita, moltissimo dipende dal tempo che abbiamo davanti a noi prima del prossimo impegno elettorale che tuttavia al momento non appare prossimo.

Già da Camaldoli si era affrontato questo tema ed io ero tra quelli che ritenevano opportuno procedere ad una forte strutturazione, Mario ci dissuase ed aveva ragione in quanto con gli impegni assunti per raccolta firme RdM e Europee avremmo seriamente rischiato di non raggiungere gli obiettivi.

Nel “documento per i prossimi passi” il Presidente ha detto che “strutturarci burocraticamente non ha alcun senso, si andrebbe nel senso assolutamente contrario a quello necessario, che i ruoli personali non contano nulla e chi in questo momento va in cerca di ruoli personali non ha capito nulla, che ora è il tempo di allargare il campo il più possibile pregando Dio di trovare persone più brave di noi che prendano il nostro posto”.

Ritengo che il problema oggi non sia una ristrutturazione burocratica, né i ruoli personali, perfettamente concorde con il Presidente, ma per allargare e trovare persone che possano anche prendere il nostro posto è necessario procedere utilizzando in modo ottimale le scarse risorse ed i talenti di ognuno.

Il successo parziale della raccolta nel Lazio delle firme per il reddito di maternità dipende proprio da questo, una organizzazione leggera tarata sull’obiettivo e la disponibilità oltre ogni limite di alcuni.

Il nostro Presidente ha concluso gli interventi all’incontro post voto del coordinamento del Lazio dando mandato, tramite il coordinatore nazionale Nicola Di Matteo di procedere al radicamento territoriale.

Se l’obiettivo dei prossimi mesi sarà il radicamento territoriale occorre procedere, a mio avviso, nelle seguenti direzioni:

  1. abbiamo un consenso di base che vale tra lo 0,15 e lo 0,3 %, per la maggior parte persone mai intercettate dai nostri attivisti, deve essere condotta una ricerca capillare a mezzo social, contatti di vario tipo per portare chi fosse disponibile a lavorare con noi almeno in ogni paese dove i numeri ci mostrano una consistente presenza;
  2. gli incontri tramite il passaparola debbono riprendere, chiamiamoli cenacoli se fatti tra cattolici, o comunque colloqui tra più persone a cui comunicare i motivi della nostra esistenza e l’esigenza di abbracciarne i contenuti per il bene delle future generazioni;
  3. dobbiamo entrare in ogni luogo specialmente cattolico con delle strutture a noi vicine che portino avanti tematiche comuni come associazioni formate da nostre aderenti con temi predisposti e standardizzati. In particolare in questo settore è decisivo il ruolo della donne;
  4. dobbiamo continuare a mostrare fuori la nostra esistenza con banchetti informativi posti in luoghi strategici e visibili.

Abbiamo già sperimentato che le persone, se non sono inquadrate in un ordine costituito, non si muovono in autonomia, anzi preferiscono che gli venga detto cosa fare in base alle modalità di disponibilità temporali fornite.

Tali disponibilità vanno coniugate con i talenti e le capacità personali degli attivisti.

Occorre avere conoscenza delle persone, gestirle, avere la disponibilità di materiale e strutture, integrare le attività dei singoli circoli in supporto reciproco, la standardizzazione di materiale per informazione e conferenze.

Un inquadramento regionale snello è essenziale per le attività di indirizzo coordinamento e controllo.

A questo vanno aggiunte le attività social e di comunicazione mediante strumenti ottimizzati.

Il tutto anche per dare un orientamento positivo ed un supporto essenziale a chi si avvicina a noi.

Occorre a mio avviso, sviluppare ed aggiornare il tesseramento, predisporre elenchi di militanti, news letter, fare incontri tra attivisti ove interscambiare informazioni.

Per la Comunicazione concordo con quanto esplicitato dal punto di vista organizzativo da Piero mentre per le tecniche da attuare non mi esprimo, ci sono persone all’interno del movimento sicuramente più esperte e capaci a cui fare riferimento.

A livello regionale e locale parte della comunicazione andrà trattata a cascata dal nazionale e valutata invece dai responsabili locali che si dovrebbero muovere su modelli standardizzati.

Relativamente agli argomenti da sviluppare per ottenere maggior consenso bisogna ricercare tematiche di facile comprensione e che non ci dividano ulteriormente. Mentre troviamo infatti unità sulle tematiche etiche, sui temi economici al nostro interno vi sono pensieri addirittura contrapposti. Mentre tutti siamo pronti a sostenere la dottrina sociale della chiesa cattolica, come coniugarla nella realtà sociale crea divisioni. Nella nuova visione di lotta basso contro alto noi non possiamo che stare con i deboli. Per cui ad esempio potrebbero essere unitariamente sostenibili argomenti quali a mero titolo di esempio: recupero della tassazione evasa dalle multinazionali, farmaci salvavita gratuiti o a prezzo di costo con una serrata lotta contro le società farmaceutiche, il lavoro come diritto con rilancio degli investimenti e cantieri sociali per disoccupati gestiti dai comuni sul tipo di quelli che negli anni sessanta ridussero la povertà in Italia ( furono soprannominati cantieri Fanfani) etc..

Inserisco infine la Formazione come tematica da trattare in quanto ritengo che, se l’obiettivo è quello del radicamento territoriale, va valutata prioritariamente la capacità del nostro militante di portare un messaggio efficace.

Il primo punto che va considerato è quello della delusione post voto dei militanti e degli elettori.

Molti ci hanno votato pensando ad un risultato di crescita, questa speranza l’abbiamo coltivata noi e l’abbiamo trasmessa.

Ora, visto il risultato ci attende l’operazione inversa, che avremmo dovuto forse comunicare anche prima.

Siamo un movimento ad oggi di testimonianza che punta, come unico soggetto politico, a valori oggi non difesi da nessuno e senza di noi nessuno li difenderebbe. Di qui l’utilità della nostra presenza.

Dobbiamo mutare l’immagine consueta del partito politico, votando noi si vota per persone che ci saranno sempre indipendentemente dalle poltrone o dai risultati numerici, perché siamo seme di bene e sempre lo saremo.

Il secondo aspetto è quello che riguarda la formazione elementare per affrontare e sostenere da parte di un qualsiasi militante le nostre ragioni e spiegare bene dove gli altri partiti sono fuori rotta.

Il nostro messaggio, da esperienza concreta, è molto più compreso da gente semplice, non ideologizzata, piuttosto che da persone piene di sé, che non ascoltano e credono di sapere tutto.

Per la sapienza dei semplici è sufficiente un discorso di cuore ed essenziale, mentre la formazione di più alto livello va riservata a quei dirigenti che hanno necessità di esprimersi su stampa e tv.

Concludendo, alla luce di quanto sopra esposto, proporrò agli iscritti al Popolo della Famiglia della regione Lazio, confrontandomi con altre ipotesi, un modello di organizzazione minimale, basata sui criteri qui indicati che abbia lo scopo di perseguire quel radicamento territoriale richiesto dal nostro Presidente.

Tale proposta, da impostare prima dell’estate, potrà essere utile punto di riflessione anche a livello nazionale, ove a mio avviso dovrà essere comunque individuato un responsabile regionale o di area che faccia da riferimento alla azione unitaria del coordinatore nazionale che non può essere intermediata da altri.

Segue una stringata analisi del voto nel Lazio.

Lazio analisi voto

Il nostro presidente ha recentemente rapportato il voto alle recenti elezioni europee del Trentino Alto Adige a quello del Lazio.

“Ebbene, sappiate che in quella regione dove non c’è sostanzialmente nulla 1.363 persone hanno comunque votato Popolo della Famiglia, pari allo 0.27%, praticamente la stessa percentuale che ha ottenuto il PdF che ha il maggior numero di militanti sul territorio e che ha prodotto di gran lunga il record nazionale di firme sul reddito di maternità, che è il PdF Lazio che si è fermato però alle europee allo 0.3%.”

Questo ragionamento è servito giustamente a rappresentare una situazione nazionale di zoccolo duro, persone che votano sul simbolo senza averci mai incontrato, variabile per le europee sul territorio nazionale dallo 0,15% allo 0,30%.

Il dato va comunque correlato ad un profilo di voto e di adesione diverso per ogni regione.

Il PdF nel Trentino Alto Adige aveva avuto alle elezioni politiche una percentuale che ha sfiorato lo 0,90% mentre nel Lazio avevamo avuto lo 0,56%.

Pertanto nel Trentino Alto Adige il voto si è ridotto ad un terzo, nel Lazio a poco più della metà.

Esaminiamo il Lazio, quali le ragioni di una percentuale insoddisfacente:
Dal radicamento territoriale dobbiamo ripartire, nella provincia di Viterbo abbiamo aumentato i voti solamente nei comuni di Civita Castellana e Tuscania, ove abbiamo avuto nuove presenze di militanti.

    1. Il Lazio è sempre stato uno dei territori più ostici in Italia per il PdF;
    2. abbiamo fatto campagna elettorale solamente l’ultima settimana, impegnati a conseguire il risultato della raccolta firme per il Reddito di Maternità;
    3. abbiamo territori completamente sguarniti di militanti attivi quali la zona est della provincia di Roma, le provincie di Latina (0,20%), Frosinone (0,17%) e Rieti (0,26%)
    4. La presenza forte di Fratelli d’Italia ed il salto più significativo della Lega hanno determinato il posizionamento su altri del consenso.